Ci sono canzoni e musiche che hanno davvero la capacità di portarci altrove.
Sembrano essere state scritte per noi, per descrivere al meglio quello che non sappiamo rendere a parole.
Per me questo periodo è ben rappresentato anche da questo canto “Carol of the bells”. Nelle sue semplici 4 note che si ripetono costantemente -motivo forse a tratti anche inquietante - esprime un po’ di malinconia.
Sembra ricordare che questo tempo che per il mondo è luci, feste, regali, allegria, avviene anche per chi tutte queste cose non ce le ha.
Per chi è nella solitudine, nella difficoltà, nella guerra, nella povertà.
Forse perché in realtà non fu composto per il Natale.
La base originale appartiene ad un canto popolare ucraino risalente ai primi anni del ventesimo secolo - un periodo di lotte politiche e sconvolgimenti sociali - e il testo narrava di una rondine che vola in una casa per descrivere tutte le cose meravigliose che sarebbero avvenute nell’anno a seguire. Un annuncio di speranza.
Successivamente negli Stati Uniti, un certo J. Wilhousky, compositore e direttore di coro dalle origini ucraine, ebbe modo di riascoltare la melodia che gli ricordò il suono delle campane e così decise di riadattare il testo al Natale.
Il messaggio tuttavia rimane simile : la speranza.
Negli angoli più bui di tutte le città del mondo, nei luoghi più remoti, negli spazi più oscuri dentro di noi…
può ancora risuonare il ding dong delle campane di natale
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