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DIARIO

Due amiche e un chiaro di luna. Discorsi di ordinaria malinconia.

Aggiornamento: 27 gen 2021



“Ti chiedi mai perché è successo? Davvero- intendo. Come è possibile?

Come finisce un amore?”

Penelope pose questa domanda alla sua amica Giulia, sedute al tavolino di un chiosco in pineta.

“Ti sembra il momento questo ? È estate ed è sera. Stiamo prendendo un aperitivo. C'è gente e la musica dal vivo è bella. Davvero vuoi parlare d'amore? Dai! Ordiniamo un altro prosecchino ghiacciato, offro io.” Rispose Giulia risoluta.

In effetti si stava bene. Era una sera tranquilla senza vento.

La bossanova metteva pace. I divanetti, i tavolini, le amache all’interno della pineta erano parecchio suggestive tra le luci fluttuanti e le ombre create dalle candele sparse qua e là.

Penelope aveva indossato il vestito color tortora, quello semplice liscio e con i leggins neri e le scarpe con un accenno di tacco, sapeva di essere carina. Era sempre complicato indossarli in posti del genere- sabbia ed aghi di pino non aiutano- ma la sera un po’ di tacco ci sta.

Anche Giulia era bella con i suoi lunghi capelli lisci e scuri e le sue gambe infinite. In nessun luogo passava inosservata e quel sorriso bello e gioioso faceva venire voglia di ricambiarlo a prescindere, così, senza motivo.

Il cameriere era venuto a prendere le ordinazioni. Alto, scuro, labbra accattivanti, un tatuaggio arabo sull’avambraccio destro; fare sciolto, abituato alla gente, alle donne, soprattutto a quelle belle. “Cosa vi porto ragazze?”.

Giulia, quasi astemia, non sapeva mai cosa ordinare così si salvava in corner con l’unica cosa che conosceva: “Batida de coco per me per favore”.

Penelope sorridendo ordinò un prosecco ghiacciato.

Avrebbe potuto ordinare mille altre cocktail per dimostrare chissà cosa a chi sa chi o a se stessa, ma la verità è che preferiva il prosecco. Non le piacevano le bevande eccessivamente complicate. Andava sul semplice. Sempre. Almeno sui drink.

Dalla sua borsetta prese il pacchetto di Marlboro light e ne accese una. Alcool freddissimo e sigaretta. Il sapore perfetto. Le avevano detto che la sigaretta non le si addiceva – "hai un viso troppo dolce" dicevano. Che chissà poi perché le sigarette vengono associate agli spericolati o ai ribelli. Nei film, o perlomeno in quelli classici, donne e fumo erano il binomio perfetto di eleganza, ma va bè. Naturalmente era a conoscenza dei danni che procura il tabacco, ma fumava molto poco e solo perché ne amava il gusto soprattutto con la bevanda giusta

“Allora? dai racconta ! Com'è andata la tua serata con il bellone dell’Alfa? non mi hai detto ancora niente...”

“No, infatti perché non c’è niente da dire! Non puoi capire la noia mortale!” Fece Giulia roteando gli occhi.

“All’inizio la situazione mi era anche piaciuta perché era stato carino e galante, si era presentato con una rosa rossa tutto ordinato e ben vestito.”

“Cosa??? una rosa rossa??” A momenti Penelope dal ridere non si strozzava col prosecco. “ Come "Rosario"?”

Rosario è un appellativo con il quale comunemente si definisce il venditore ambulante di rose, persona rispettabilissima dalla pelle quasi sempre scura con tratti somatici orientali. “Con tutto il rispetto per Rosario, ma la cosa mi ha fatto ridere scusa. Sai che immagino sempre le cose mentre me le racconti ed in quel momento ho immaginato lui. Comunque vai! Scusa. Continua” Disse Penelope interessata dando un altro sorso al bicchiere "sudato" trattenendo ancora un po’ l'ironia tra i denti.



“Ok, però non ridere!” ribatté Giulia simpaticamente a sua volta. “ Allora… era ordinato e ben vestito e con una rosa rossa in mano. Ci siamo seduti al tavolo sulla terrazza che da sul mare. Sai quel ristorante sulla spiaggia dove si mangia bene il pesce ?”

Penelope annuì. “ Si! Ok lì -gesticolò Giulia- ed era bello. L’atmosfera era quella giusta. Come stai, cosa fai nella vita, i soliti convenevoli insomma. Ma ad un certo punto ha iniziato a parlare di musica. Sai uno di quelli fissati con un genere musicale che poi, nonostante capiscono che non è proprio la tua materia, sono così appassionati che cercano di indottrinati comunque perché ritengono che sia loro dovere e che riusciranno a trasmetterti l’amore per quella cosa e che ti salveranno dalla banalità sicura della tua misera esistenza persa dietro Cosmopolitan e lo shopping compulsivo ?”

Penelope non riusciva a smettere di ridacchiare. Adorava il modo in cui Giulia sapeva descrivere le situazioni nel dettaglio, con quel suo fare simpatico e vivace, sempre allegro che non stancava mai. Comprensiva disse: “ Mamma mia! E quanto hai retto? Io non ce l’avrei fatta” Non aveva molta pazienza all’epoca. Soprattutto con gli uomini. A dispetto del suo nome.

Nella mitologia greca infatti Penelope è la moglie di Ulisse, simbolo per antonomasia di attesa, pazienza e fedeltà. Aspettò per vent’anni il ritorno dell’eroe partito per la guerra di Troia, rifiutando tutte le offerte di matrimonio che le venivano proposte usando lo stratagemma della tela che tesseva di giorno e disfaceva di notte per prendere tempo e non risposarsi mai. Alla fine Ulisse tornò, uccise i proci che la volevano in moglie, e si ricongiunse con lei. Ecco, la nostra Penelope non so se avrebbe avuto tutta questa pazienza, non tanto per il tempo che alla fine può essere anche relativo, quanto perché non credo proprio che avrebbe accettato il ritorno di Ulisse perdonando senza remore ogni suo atteggiamento compiuto in sua assenza! No, nient'affatto.

“Ho resistito godendomi il mare e il tartufo al cioccolato del dessert, poi me la sono filata con :scusa ma domani lavoro non posso fare tardi perché se non dormo almeno 8 ore di fila non ricordo neanche come mi chiamo, poi sbaglio i calcoli e le mail e metto nei guai qualcuno... eccetera eccetera” concluse Giulia con una risata. Lavorava in uno studio commerciale.

Penelope invece era una giornalista, o almeno cercava di esserlo, e la notte non dormiva praticamente mai tra pensieri di lavoro e lotte interiori. Aveva sempre invidiato la capacità di recupero e riposo dell’ amica. Quanto avrebbe voluto dormire come Giulia sapeva fare, a sonno pieno, abbandonando qualsiasi pensiero, ansia preoccupazione!



“Comunque hai fatto bene ad uscirci sai. Sei coraggiosa. Io non ce la faccio. Non riesco ad uscire con un tizio che conosco appena e che neanche mi attira, no! Mi stanca anche il solo pensiero!”

“Eh ma è perché sei bloccata! Non riesci a superare quello che è stato. Anche io ho avuto la mia storia ma è finita. Stop. Chiusa. Si piange per un po’, ma poi si va avanti. Non posso mica fissarmici per sempre”.

Penelope ascoltava quelle parole. Per quanto riuscisse a comprenderle razionalmente, non ci riusciva con il cuore. Un velo di tristezza le accarezzò il viso.

Uscire con un altro, osservare altri occhi, altre mani al volante, altre labbra aprirsi in un sorriso accennato, sarebbe stato una perdita di tempo. Avrebbe pensato a lui, cercato lui, era questa la verità. Inutile girarci intorno. Senza contare che probabilmente sarebbe stato anche ingiusto dare false speranze ad una persona che non le meritava.

E qui la fatidica domanda dell’inizio del nostro racconto: “ti chiedi mai come finisce un amore?”

Tutti ci domandiamo come comincia, perché quella è la parte bella, romantica, fatta di speranze, sogni batticuori e magia. Ma quando finisce avviene in sordina, lentamente, senza fare molto rumore. E' come una struttura di sabbia che si sgretola morbidamente al passare del vento. Penelope ne sapeva qualcosa.

“Guarda...”.Giulia con il viso incupito, prese un altro sorso della bevanda appena ordinata e accendendo anche lei una sigaretta continuò: “Nel mio caso una serie di viaggi più una buona dose di ingenuità solo mia, tante tante bugie di cui l’ultima di nome Francesca.” La fissò intensamente mentre pronunciava quel nome. Ancora le bruciava un po’.

“ Va bè, pazienza. Meglio così”. Lo aveva beccato in flagrante una sera a casa sua, al rientro da uno dei suoi tanti viaggi di lavoro, questa volta da Beirut- era un agente commerciale che si occupava di software-in dolce compagnia. Dolce in tutti i sensi visto che era presente anche della panna montata nella scena.

Penelope guardò il viso malinconico dell’amica, le labbra chiudersi a soffiare il fumo della sigaretta.

“Lo sai cosa penso Giù. Che il vostro non fosse vero amore. Scusami, ma se così fosse stato non ti avrebbe trattato male. Ti ignorava, ti cercava all’occorrenza e tu eri sempre disponibile e dolce. Meriti di meglio e lo sai, meriti di essere felice e di essere amata davvero”. Lo disse con tutto il cuore perché le voleva bene e non voleva vederla soffrire per uno stupido. No. Non era giusto. E poi non era stato lo stesso amore. Probabilmente intensità differenti di sentimenti. Probabilmente la sua prima volta di batticuore doveva ancora arrivare...forse, dopotutto Giulia non avrebbe potuto capirla completamente.



“Per te come finisce un amore?” Le chiese Giulia, arresa alla piega che ormai aveva preso la conversazione.

Penelope, con un sospiro, prese il bicchiere dal tavolino e lo avvicinò alla bocca per bere.

“Mah...” disse distrattamente e amaramente “Forse inizi un giorno a compiere un gesto che viene considerato ridicolo e scontato, un altro giorno a dire una parola di futuro che viene banalizzata. Lì per lì non ci fai caso, poi col passare del tempo incominci ad fare i conti con la realtà: i sacrifici fatti solo da te, la voglia di vedersi che è solo una tua iniziativa, il senso di protezione e cura che scivola via fra le mani.

Allora ti arrabbi anche per le piccole cose: una parola non detta, un messaggio non inviato, una mancata presenza senza il minimo accenno di scuse e dispiacere. Cominci a dire che le cose non vanno che non funzionano, ma tanto le vedi nere solo tu perché “sei fatta così " . La comunicazione ormai non serve più quando tutto è diventato un darsi per scontato. Giorno dopo giorno cominci a capire che sei sola e che puoi contare solo su te stessa." Fece una piccola pausa e riprese più lentamente.

“E’ come se qualcosa ti scivolasse lentamente dal cuore e cambiassi atteggiamento verso la vita. Accade qualcosa vorresti raccontargliela, ma sai già che la sua risposta sarà frettolosa e quasi di circostanza. Appena hai un po’ di tempo libero non pensi più a trascorrerlo insieme. L’assenza diventa preferibile ad una presenza di circostanza”.

Si guardarono negli occhi intensamente e in silenzio.

Penelope fece un respiro profondo e affondò i piedi nella sabbia fresca. Era una bella sensazione. Un ago le punse leggermente la pelle, la accarezzò con la mano tirando su le gambe per accovacciarsi sulla poltrona in vimini. Guardò su in alto tra le fronde degli alberi che si stagliavano nel cielo blu scuro della notte. La luna piena silenziosa e pacifica con la sua luce definiva i contorni delle cose. Inspirò a pieni polmoni la brezza salmastra, per ricacciare via un’ondata di malinconia.

Si girarono entrambe verso la band che aveva iniziato un altro pezzo.

La cantante, una ragazza con dei lunghissimi capelli neri, una gonna da gitana, a piedi nudi era assorta nelle note e nell’atmosfera.

Penelope riconobbe il brano. “Noite Luar”.

“Notte e chiaro di luna

vorrei cantare

(…) proviamoci

lascia il dolore

che hai dentro, che ti

ricorda di noi

cantiamo insieme”

Penelope abbassò il viso e sorrise.

Qualcosa aveva trasformato l’ amarezza nei suoi occhi in dolcezza.

Guardò l’amica con una strana calma.

Risoluta e consapevole disse: “ No Giulia. Un amore non finisce”.


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