Da bambina mio padre mi portava ovunque con sé.
In ufficio. Potevo premere i tasti delle gigantesche calcolatrici all’infinito, solo per il piacere del suono e per guardare la bobina di carta che si macchiava di inchiostro e si arrotolava sempre più formando dei divertenti ghirigori che scendevano giù dalla scrivania fino a sfiorare il pavimento.
Sulla spiaggia. Soprattutto d’inverno, con il cielo scuro, perché “ con i cavalloni-diceva- respiri meglio l’aria di mare e lo iodio che fa bene”.
Nel bosco di pini. Mi piace ancora guardare se tra gli spazi delle pigne cadute sul manto di aghi, è rimasto ancora qualche pinolo da sbucciare e sgranocchiare. Tornavo a casa sempre con le mani nere sporche della loro polverina.
In chiesa. Trascorrevo il tempo seduta sul vecchio banco di legno scuro corroso dal tempo e dall’umidità, giocando ad individuare più figure geometriche possibili nelle antiche mattonelle squadrate del pavimento di pietra. Mi è sempre piaciuta la geometria.
In pizzeria. Solo quella in cui il bancone era in vetro e si poteva osservare la preparazione. Non ero ancora abbastanza alta e allora mi prendeva in braccio ed io osservavo incantata quei movimenti; sembrava che il pizzaiolo, nello spolverizzare la farina sull’impasto, in realtà, lo cospargesse di polvere di stelle…come quella delle fate. Il pomodoro, la mozzarella, una foglia di basilico, la lunga pala in legno chiaro e via nel forno, rigorosamente a legna. Ancora oggi ne sento il profumo.
In campagna. Prendevamo sempre un bastone perché “non si sa mai”. Poteva servire per spostare l’erba alta o per difenderci da qualche serpente. Respiravo l’aspro odore del fieno e della chiara presenza del passaggio degli animali… anche dei fiorellini di campo e del vento che sapeva di pioggia. Forse è proprio per questo che amo passeggiare in campagna senza meta e scoprire vecchi tesori abbandonati.
Mi manca sempre mio padre specialmente a dicembre.
Cammino da sola per i sentieri percorsi insieme e il profumo della sua giacca di pelle lo respira anche la mia anima. Guardo il cielo. E’ nuvoloso.
“Meglio tornare” avrebbe detto papà.
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