Era un grigio pomeriggio d’inverno. Il vecchio guardò distrattamente fuori dalla finestra. Nuvoloni scuri sembravano avvolgere il borgo dalla cima fin giù al mare. Sospirò, insicuro se uscire o meno. Poi si voltò e, guardando il buio della stanza illuminata solo dalle immagini mute della tv ancora accesa, decise che avrebbe fatto ugualmente la sua solita passeggiata sul corso nonostante il tempo; camminare fa bene, lo diceva sempre sua moglie.
Indossò la sciarpa e il cappotto e portò con se l’ombrello.
Chiuse la porta che rimbombò nel silenzio della casa e del palazzo.
Nella mente le risate della prima volta in cui ci era entrato in quella casa, molto tempo prima. Nel varcare la porta di ingresso l’aveva presa in braccio come voleva la tradizione, e lei aveva riso allegramente, e teneramente gli aveva dato un bacio.
“Mi raccomando non stancarti e non fumare con gli amici al circolo di biliardo! Ritornando compri un po’ di pane? E’ finito. Copriti bene che fa freddo!”.
Gli sembrava quasi di vederla mentre stirando pronunciava quelle parole…il suo modo di amare: “Copriti bene che fa freddo”. Le sentiva ogni giorno. Anche adesso che non c’erano più.
Si avviò per la lunga scalinata in pietra che portava dritto in centro storico.
Aveva iniziato a piovere. Gli era sempre piaciuta la pioggia, gli ricordava le partite a pallone con gli amici, i vestiti sporchi di fango e di gioia, e le corse per ripararsi sotto i portici e… il suo sorriso che avrebbe illuminato anche il cielo più nero. Passeggiare sotto la pioggia gli calmava i pensieri che si silenziavano con il picchettare dell’acqua sull’ombrello e il suono dei passi sui san pietrini bagnati. Una piccola pozzanghera da evitare qua e là, un gattino umido sotto una panchina, le luci dei negozi che si riflettevano sulla strada bagnata. Il negozio di fiori era una macchia colorata che sembrava spruzzata li per caso su un quadro scuro. Bianco, rosa, rosso, azzurro. Acquistò un mazzetto di fiori di campo per donarli alla Madonnina del Rosario. “Sarebbero piaciuti anche a lei” pensò sorridendo, e si avviò verso la chiesa. Ci passava sempre per fare una preghiera. Adesso ancora di più. Era un modo per salutare il cielo e salutare lei.
Chiuse l’ombrello ed entrando immerse le dita nell’acquasantiera bagnandosi la fronte con il segno della croce. La chiesa era semibuia e deserta, illuminata appena da alcune luci soffuse e qualche candela. Nella navata centrale era insolitamente posto un grande pianoforte a coda. Togliendosi la sciarpa si sedette ad uno degli ultimi banchi sul quale in effetti trovò un volantino “I concerti della fraternità”. Sollevò lo sguardo verso l’altare per guardare l’ antico quadro della Madonnina del Rosario. Era bellissima, il volto giovane dolce e angelico. Si mise in preghiera.
“Madre dolce vorrei chiederti perché. Il perché del male, il perché delle malattie... Perché hai permesso che restassi solo? Proprio tu, dolce e tenera madre che hai perso tuo figlio ancora giovane e conosci il sapore amaro del dolore e della sofferenza.” Sentiva le lacrime salire lentamente nei suoi occhi. Le ricacciò in gola. Non piangeva mai, non aveva pianto neanche quando lei se n’era andata. Le lacrime non si addicono agli uomini, sono cose da femmina.
Era stato arrabbiato e stremato, aveva tentato di combattere e aveva perso; se l’era presa con il mondo, con i figli ed anche con lei. Perché si era ammalata? Avrebbe dovuto riguardarsi di più, prendersi più cura di se stessa invece di vivere solo per gli altri! Ma… sapeva che non era per questo, che non era colpa sua, che non era colpa di nessuno se aveva un cancro. Che poi che nome strano “cancro”, perché? Dovrebbe somigliarci forse ?. Più ci pensava più aggrottava le sopracciglia. Chinò la testa appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Osservò il pavimento che aveva delle strane forme geometriche: cerchi, quadrati, esagoni uno dentro l’altro in un gioco di nero e grigio.
“Stai guardando anche tu le forme sul pavimento?”
Girò improvvisamente la testa al suono di quella vocina allegra. Attraverso gli occhi ancora acquosi vide una bimbetta che poteva avere tra i quattro e i cinque anni forse, con un buffo cappellino con pompon dal quale fuoriuscivano due treccine bionde. Col suo cappottino scuro in piedi, lo fissava sorridendo.
“Anche io guardo sempre le forme sul pavimento mi diverto a contarle! La mamma mi dice di stare buona e di non fare chiasso così io faccio questo gioco. Tu quante figure vedi?”
La guardava ancora un po’ sorpreso. “Bhè...non saprei. Dov’è la tua mamma ora?”
“Sta sistemando i volantini per il concerto”. La bimba indicò una giovane donna bionda anche lei, che un po’ più avanti sistemava i volantini sui banchi. “ La mamma suona il pianoforte. A te piace il pianoforte?”. Gli chiese curiosa.
“Chloe non dare fastidio al signore” sussurrò in tono di lieve rimprovero la mamma continuando il suo lavoro.
“Ma no, non si preoccupi, non mi da fastidio” rispose il vecchio e asciugandosi il naso con il fazzoletto bianco di stoffa. Sorrise alla bimba.
-“Quindi ti chiami Chloe è? E’ un bellissimo nome. Cosa significa?”
-“La mamma dice che significa erba giovane e tenera.” Rispose, facendo spalluce e sorridendo.
-“E tu come ti chiami?”
-“Gregorio”. Continuava a fissarlo.
-“Per chi sono quei fiori Gregorio? Per tua moglie?” gli chiese Chloe indicando il mazzolino colorato che era rimasto sul banco.
-“Ehm no, mia moglie purtroppo non c’è più. Sono per la Madonna del Rosario” le rispose prendendo il mazzetto e indicando il quadro illuminato.
-“La mamma dice che quando le persone che amiamo muoiono non vanno via davvero, anche se non le vediamo più. Rimangono sempre con noi in un modo diverso. Come col mantello dell’invisibilità.”
-“Il mantello dell’invisibilità?” chiese Gregorio.
-“Si! E’ una specie di cappotto, ma molto più grande e lungo con un grande cappuccio e chi lo indossa diventa invisibile, però c’è, anche se non possiamo vederlo.”
-“Davvero?” fece Gregorio con fare gentile e l’espressione stupita.
-“Si, certo. Ed ogni tanto se per caso non sono stati attenti a rimanere invisibili e silenziosi, possiamo addirittura sentirli come un soffio leggero o come una carezza sul viso.”
-“Mmm…” Il vecchio con un tono più basso e strofinandosi la barba disse: “E non avresti paura se ti capitasse?”.
La bimba ci pensò un attimo guardando in su con i suoi occhioni azzurri. “Se gli abbiamo voluto bene e loro ci hanno voluto bene perché dovrei avere paura? Forse vogliono salutarci, o forse vogliono farci sapere qualcosa.” I dentini piccoli bianchi che spuntavano dal suo sorriso giocoso fecero sorridere anche il vecchio.
-“E cosa vorrebbero dirci secondo te ?”
Chloe fece di nuovo spallucce sollevando le sopracciglia. Prese i fiori. “Ti va se li portiamo insieme dalla Madonnina?” Gregorio annuì alzandosi. Lei gli prese la mano e camminarono così insieme in silenzio nella semioscurità della navata centrale della chiesa silenziosa. Era così piccola la sua manina.
Per un momento ricordò i suoi figli, i tempi passati in cui lui e sua moglie instancabilmente li avevano tenuti in braccio e avevano stretto quelle manine grassocce sempre appiccicose di marmellata e dolcetti. Quarantatre anni. I conti, le lettere, i cruciverba compilati sulle scale mentre lei lavava i pavimenti, i tuffi al mare e le serate tutti insieme intorno ad un tavolo che era sempre troppo piccolo. Le lacrime di dolore e di felicità che si erano asciugati l’uno con l’altra.
Sistemarono i fiori nel vaso, dissero insieme un’Ave Maria e si avviarono di nuovo verso l’ingresso della chiesa. Ad ogni passo stringendo quella manina si sentiva più leggero e più sereno. E’ vero, il suo amore non c’era più fisicamente, ma quanto era stata bella, intensa, piena la sua vita! Infondo lei non era andata davvero via. Era solo invisibile, come aveva detto Chloe.
Girandosi verso la Madonnina le mandò un bacio. “ Per favore falle una carezza tu per me, e ringraziala di tutto”. Disse nel suo cuore.
Indossò la sciarpa, la bimba gli porse l’ombrello e lo accompagnò fino al grande portone di legno. Non pioveva più adesso e l’aria era piacevolmente fredda e profumata di terra bagnata. Il vecchio prese l’ombrello e si voltò per salutare la piccola. “ Ci vediamo presto Chloe. Piacere di averti conosciuto.”
Lei sorridendo e salutandolo con la manina disse: “Copriti bene che fa freddo!” .
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