All’università i miei studi sono stati tutt’altro, ma al liceo andavo forte in filosofia. Mi affascinava da morire il fatto che ci fossero state nel mondo delle persone che per vivere stessero lì a riflettere sull’esistenza, sul mondo, sull’origine delle cose. Li ho sempre immaginati seriosi, tristi e un po’ burberi i filosofi; a volte folli, fuori dal comune, che non vivevano la vita e le emozioni come tutte le persone normali.
Quale poteva essere la reale vita di Nietzsche nella semplice verità quotidiana a dispetto del Superuomo e della Morte di Dio?
“L’aria è limpida, mite e pungente, come noi tutti dovremmo essere”.
Il grande filosofo è stato capace di amare; a suo modo certo.
Nelle sue lettere si riesce a scorgere il suo animo a volte fragile, a volte incostante e contraddittorio che ha dato vita ad amori improbabili, tragici e sconclusionati.
Amò per anni, non ricambiato, una scrittrice e psicoanalista russa Lou Salomè, con la quale instaurò una lunga amicizia a tre insieme a Paul Rèe, un altro filosofo e scrittore. Un amore strano che fa si che lui la dipinga in modo orribile -“tardivo egoismo infantile in conseguenza di atrofia e ritardo sessuale, priva di amore per le persone, priva di accuratezza e pulizia”-, ma che al contempo esprime la tenerezza del suo sentimento: “in Lei io amo anche le mie speranze”.
Curiosità. Nel leggere il nome Lou Salomè sono rimasta un stupita perché questa affascinante russa compare, anche se con un ruolo di invenzione, anche nella serie tv Freud che ho recentemente finito di guardare. Da allieva psicoanalista strinse infatti con lui una lunga corrispondenza epistolare. O almeno questo è quello che sappiamo ;)
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